03 marzo 2007

due parole che non centrano un cacchio col resto, dedicate a d'mitri shostakovich

Un artista può essere il fiore all’occhiello della cultura di un regime totalitario, comporre marce e fanfare, sinfonie petulanti e retoriche e, per una misteriosa alchimia, mantenere un’indiscutibile integrità morale nei confronti dell’arte, riuscendo comunque a inserire nella propria musica pagine fra le più belle ed ispirate del ‘900?

Se un’artista è riucito in tutto questo, è D’mitri Shostakovich.

Shostakovich nasce nel 1906. Giovanissimo pianista di talento, nel 1927 partecipa al concorso Chopin di Varsavia, dove però nonostante sia fra i favoriti, non vince, anche a causa di una crisi di appendicite proprio nel corso delle finali. Decide quindi che la sua strada non sia l’esecuzione ma la composizione. Bizzarro.

Ancora più curioso che Svitoslav Richter, uno dei più grandi pianisti del secolo, considerato uno fra i più intrattabili divi della tastiera, confessasse che l’unica persona che gli dava un reale timore reverenziale fosse proprio Shostakovich. In quanto, a suo dire, era l'unica persona al mondo in grado di comprendere la musica per pianoforte meglio di lui.

E che dire di una persona che viene insignita del prestigiosissimo Premio Lenin per le proprie composizioni, e dopo soli 12 mesi, si trova nella condizione di dover abiurarare le stesse identiche composizioni, per evitare problemi giudiziari?

Se da certi di vista non sempre è corretto analizzare la musica in funzione storica, nel caso di Shostakovich questo processo è inevitabile. Infatti la migliore chiave di lettura della sua (vasta) produzione è proprio la ricerca dei paradossi che hanno accompagnato la sua vita, paradossi che, nella Russia dei soviet erano all'ordine del giorno, paradossi che si specchiano anche nella sua produzione artistica, che spesso presenta una “maschera” retorica e rassicurante (per il regime), ma che allo stesso tempo contiene spunti di autoironia che sembrano comunicare allo spettatore smaliziato “prima ti ho mostrato l’abito nuovo dell’imperatore, ma adesso ti faccio capire che so benissimo che l’imperatore in realtà è nudo e l’imperatore è talmente borioso, che nemmeno capisce che lo sto prendendo in giro!”

Geniale.

Geniale laddove, come nei primissimi lavori, ha potuto dare sfogo liberamente alla propria creatività (la prima sinfonia, uno dei suoi capolavori, era stata il suo saggio per il diploma al conservatorio), ma anche e soprattutto, geniale quando la sua ironia viene dissimulata all’interno di composizioni apparentemente osservanti il più ortodossi canoni stilistici sovietici.

Canoni stilistici che si basavano sulla creazione di “musica realmente russa”, che privilegiavano la sinfonia ( genere che in realtà in Russia non godeva di particolare tradizione –se si eccettua Tchaikovsky, che però si riconduceva ai modelli tedeschi) e che ambivano alla finalità di “dilettare le masse, sottolineando la gloria della rivoluzione d’ottobre”.

(Anche) per queste ragioni Shostakovich fu eminentemente un sinfonista, tanto che ne scrisse ben 15 nella sua vita, utilizzando massicciamente temi d’ispirazione popolare e intitolando le varie sinfonie “L’anno 1905”, “Il Primo Maggio”, “Il 1917” etc. andando cioè a toccare le date ed i temi cari all’iconografia ufficiale.

Allo stesso tempo fu anche un prolifico quartettista e, forse, sarebbe interessante studiare come la sua creatività sfruttasse in maniera diversa questi differenti strumenti, laddove, nel caso dei quartetti, essendo destinati ad un pubblico più raccolto, gli era permessa una maggiore libertà dai vincoli del Ministero della Cultura.

Fattostà che, per restare alle sinfonie, almeno 6 di esse (prima, quarta, quinta, sesta, settima ed ottava) siano da considerare fra i maggiori lasciti sinfonici del ‘900 (soprattutto se, e non senza buone ragioni, consideriamo Mahler come un’appendice del XIX secolo).

E sottolineo del ‘900: infatti nonostante per semplicità talvolta si parli genericamente di “musica classica”, in questo caso siamo di fronte a musica sconvolgente, che poco o niente ha a che spartire con il sinfonismo beethoveniano o dell’800, se non per l’uso di un’orchestra.

Chi volesse avvicinarsi alla musica, potrebbe scoprire che la "musica classica" non è solo composta da minuetti e salterelli, ma che autori come Shostakovich, Prokofiev, Hindemith, Stravinsky, Schoenberg…solo per citare i maggiori, non erano dei semplici continuatori di una tradizione ormai impolverata, ma dei veri e propri rivoluzionari, autori di musica molto più “moderna” (e non per questo meno gradevole) di quella che siamo abituati ad ascoltare o, addirittura, a celebrare (la maggior parte delle colonne sonore cinematografiche, per esempio, copia in maniera evidente dalla produzione di questi autori).

Tornando alle sinfoniedi Shostakovich, la Prima , come accennato è un’opera giovanile brillante, stravagante e largamente influenzata da Hindemith e dall’avanguardia tedesca.

La Quarta sinfonia è un’opera di svolta nella sua produzione, composta nel periodo di maggiore crisi personale, segnato dalle critiche da parte del regime per il presunto “imborghesimento occidentalizzante” della sua produzione. Perciò venne ritirata dall’autore prima ancora della sua esecuzione. Stilisticamente è importante perché rappresenta l’ultima opera composta senza pressioni esterne.

La Quinta è, al contrario, la prima opera “di compromesso” ed è anche una delle sue composizioni più conosciute: basata principalmente sulla rielaborazione di temi popolari, è in effetti un vero capolavoro e, assieme alla prima, potrebbe essere la sinfonia migliore per iniziare l’ascolto di Shostakovich).

La Sesta, la Settima e l’Ottava sono le cosiddette “Sinfonie di Guerra”: in esse l’elemento bellico non solo è presente, ma è addirittura il protagonista (celebre il terzo movimento dell’Ottava che riproduce un bombardamento), e proprio in queste sinfonie, scritte in momenti molto difficili sia per la Russia che per Shostakovich stesso (l’assedio di Leningrado, la sua città natale alla quale è dedicata la Settima, portò ad oltre un milione di vittime, fra cui numerosi suoi amici e parenti) mostrano i primi esempi della dualità della sua produzione successiva: dietro al trionfalismo di facciata di queste composizioni, infatti, vi è un nodo irrisolto di terrore per ciò che accade intorno che, tutto sommato, poco si concilia con i proclami di vittoria.

Purtroppo alcune altre sinfonie (mi viene in mente l’Undicesima, ad esempio), sono veramente deludenti, per cui non saprei se consigliare a cuor leggero l’acquisto di un cofanetto o se prendere solo le sinfonie segnalate.

Riguardo le edizioni in commercio, tradizionalmente sono considerate registrazioni di riferimento quella di Haitink con la Congertebow di Amsterdam (DECCA) e quella di Kondrashin con l’Orchestra di Stato dell’URSS (Melodyia). Quest’ultima edizione, pur essendo registrata in maniera assai lontana dagli standard attuali ha la referenza unica di essere diretta da colui che ha diretto qualcosa come 10 “prime esecuzioni” delle sinfonie di Shostakovich, l’edizione Haitink ha dalla sua un’orchestra di livello molto superiore, una registrazione di alta qualità e, probabilmente, una visione più meditata della musica. Lato negativo è che mentre i cd di Kondrashin sono acquistabili singolarmente, quelli di Haitink sono solo in cofanetto.

Fra le registrazioni più recenti, abbastanza valida l’edizione ultra-economica di Barshai per la Brillant (3 euro a cd circa, solo in cofanetto) ben registrata, ma un po’ troppo posata, quella di Rodzensvensky (Melodyia), disponibile su 7 cd doppi separati, che al contrario sembra un po’ troppo fragorosa, ma che, se perde qualcosa dal punto di vista della raffinatezza, è comunque un’edizione incredibilmente valida dal punto di vista squisitamente emotivo.

In compenso quella che forse è la migliore edizione in commercio, in realtà è una non-edizione, nel senso che è un’integrale che non esiste! Si tratta infatti della registrazione di Neeme Jarvi, iniziata con la Chandos record e proseguita (ma con qualche “buco”) con la Deutsche Grammophone. Dal punto di vista globale si tratta di un’edizione eccezionale sotto ogni punto di vista e può essere la scintilla per iniziare a conoscere uno dei più grandi direttori viventi.

Buona, ma abbastanza alterna come risultati, l’edizione di Rostopovich per la Warner, che comunque ha il vantaggio di essere disponibile, a cd singoli, anche in collane ultraeconomiche.

Riguardo le sinfonie singole, gode di fama indiscussa la 7° diretta da Bernstein, così come è assolutamente raccomandabile la 5° diretta da Askehazy.

il movimento del "bombardamento di Leningrado" dall'ottava sinfonia di Shostakovich su un montaggio di fotografie dell'autore.

01 marzo 2007

Introduzione

Le persone nate a cavallo fra gli anni '60 e '70 sono i membri una generazione scellerata: la prima generazione educata più dalla televisione che dai genitori.

Chiedete a qualcuno di questa fascia d’età se si ricorda di DJ Television.

Al 99,9% ammetterà che i suoi gusti musicali si sono formati sulle scelte di Claudio Cecchetto (e di questo Cecchetto, prima o poi dovrà pagarne lo scotto di fronte alla storia), in compenso dubito che si ricordi della canzone preferita dai suoi genitori.

Possiamo fare finta di non saperlo, ma quando eravamo bambini, abbiamo voluto più bene a Capitan Harlock e Candy Candy che non alla maggioranza delle persone “vere” che ci circondava e, in modo più o meno inconscio, continuiamo ad avere una condotta simile anche oggi. Siamo in grado di rinunciare senza troppi rimpianti ad una serata intima con la donna che diciamo di amare per andare a vedere al bar la partita della Juve o, a seconda dei gusti, andiamo fuori di testa se ci fissano un impegno improrogabile proprio la sera della finale di “Amici di Maria De Filippi”....

Nel migliore dei casi facciamo lavori precari che ci soddisfano, ma che non ci danno alcuna certezza per il futuro, altre volte facciamo lavori lontanissimi da quelli che erano i nostri sogni da ragazzi, sentendoci anche fortunati di non essere in mezzo a una strada.

E per compensare spendiamo.

Spendiamo per quello che possiamo, ovviamente, e spesso anche per ciò che non possiamo: chi può si compera l’automobile nuova (48 comode rate di 111 euro e maxirata finale di 9000 euro…) o le scarpe ultima moda o si “regala” una week-end in giro per il mondo; chi può meno, si compera una playstation, ma in entrambi i casi, siamo sempre pronti ad ingozzare il nostro ego di inutili auto-gratificazioni.

Il fatto è questo: molti di noi non si sono mai svincolati del tutto dall’adolescenza e, in un modo o nell’altro, continuiamo a masturbarci.

Solo che abbiamo sostituito (o, più spesso, affiancato) all’autoerotismo, altre forme di gratificazione, altrettanto fini a sé stesse, solo un po’ più costose e un po’ meno umide…

Siamo cresciuti davanti alla televisione, e lei ci ha educati come una madre affettuosa, ma, affettuosa come può esserlo una madre televisiva, che dimostra il suo amore comperando la nutella, facendo colazione con i frollini di marca e fornendo saggi consigli sull'igiene orale. Una madre sempre bionda, bella e sorridente che non sa cosa sia la cellulite o che la combatte con successo, perché è una mamma “che vale”...
Siamo stati convinti, fin da bambini che se non diventiamo delle rockstar o degli attori non contiamo nulla, che se la nostra donna non è una modella, siamo dei falliti. E se siamo donne, se non abbiamo la taglia 40 (al massimo 42) siamo dei cessi.
Perché dobbiamo ammetterlo: siamo una generazione di bastardi, non solo nel senso “morale”, ma soprattutto nel senso letterale del termine. Abbiamo dei genitori ai quali vogliamo bene, ma in realtà la nostra “maestra di vita” è la TV.
E' lei che ci ha mostrato il mondo, ci ha insegnato cosa sono i sentimenti, ci ha fatto mille promesse, pur sapendo che nessuna poteva essere mantenuta, ci ha fatto sentire inadeguati quando i capelli si sono diradati o quando i fianchi si sono ispessiti, per poi darci una risposta facile, sicura ed alla portata delle nostre tasche.
E poco male se per comperare le alghe di Vanna Marchi ed i parrucchini di Cesare Ragazzi ci siamo indebitati fino al 2009.

Poi la televisione ha detto che avevamo capito male, che avevamo frainteso… E’ arrivata la moda della New Age…dell’AMA TE STESSO, del canto delle balene, dello yoga e del massaggio Shatsu…il tutto, ovviamente, pubblicizzato, commercializzato, pre-digerito e pagabile in 12 comode rate con interessi zero.
Fatti il tuo personale giardino zen...con la prima uscita la paletta ed il sacchetto con il terriccio benedetto da Padre Pio...
E noi le crediamo, perché, abbiamo genitori che hanno speso la maggior parte del tempo che avrebbero dovuto dedicarci, in compagnia di avvocati per redigere atti di separazione, genitori che quando erano ragazzi predicavano l’amore libero ed usavano l’LSD, ma che volevano mandarci da uno psicoterapeuta quando ci hanno trovato in tasca mezzo grammo di cannabis, che ci hanno detto:”non vorrei che tu facessi i miei stessi errori” salvo poi a 50 anni scappare con la segretaria, lasciandoci con madri depresse e ossessionate dalla cellulite e dal fatto di invecchiare....
Siamo un generazione di boccaloni, di minchioni, fagocitata da un sistema economico-sociale-comunicativo che ci convince che se non abbiamo l’impianto super-dolby-digital-surround siamo degli sfigati, che ci fa credere che ognuno di noi sia speciale ed unico, sempre che si possieda il taglio di capelli “giusto” o “il gioiellino” in acciaio della Breil, che ammette, anzi è contentissimo se ci ribelliamo a queste mode: tanto anche la contestazione rientra sempre in un target codificato; anzi, più è delimitato il target a cui apparteniamo, più è semplice indirizzarci messaggi efficaci.

E per queste ragioni, proprio la Mondadori pubblica i libri di Michael Moore e nei suoi megastore vende quelli di Naomi Klein, la Sony e le tutte le maggiori corporation del pianeta compensano i mancati profitti dovuti alla condivisione dei file su internet, con un aumento di profitti dovuto alle loro partecipazioni alle aziende di telecomunicazioni che vendono connessioni ultra-veloci e producendo i supporti per duplicare la musica o i film “illegalmente” ottenuti.

Noi non pensiamo più come esseri umani, ma come consumatori e facciamo fatica a vedere ciò che ci circonda con uno sguardo diverso dall’assioma “lo voglio-lo compero”.
Quando conosciamo delle ragazze le squadriamo da capo a piedi per vedere se hanno le tette abbastanza grosse o il culo abbastanza piccolo, discorriamo amabilmente con loro per capire se sono simpatiche spiritose, divertenti, se sono abbastanza “intelligenti” per piacerci, o (a seconda del carattere) se sono abbastanza stupide da non essere una minaccia per il nostro ego…
Insomma, cerchiamo di valutare se sono il “nostro target” o se noi siamo il loro (e poco male se usiamo l’eufemismo “il mio tipo” perché nella sostanza nulla cambia).

E se siamo donne, ammettiamolo, ci comportiamo allo stesso modo, solo, talvolta, con un pizzico di inconsapevolezza in più.
Ed esattamente come fossimo una merce, siamo disposti a qualunque compromesso il nostro portafogli ci possa irragionevolmente permettere per sperare di sembrare più giovani, belli e sexy. Macchine sportive, chirurgia plastica, reggiseni imbottiti o lenti a contatto colorate.. La scelta è vasta, per tutti i gusti e tute le tasche, nessuno resterà scontento, nessuno resterà infelice...
Siamo una generazione di figli unici (o, al massimo, con un fratello/sorella), viziati, coccolati e destabilizzati.
E quando abbiamo trovato un compagno/a chi abbiamo trovato?

Un altro figlio/a unico viziato coccolato e destabilizzato, che vuole avere sempre ragione, anche quando in realtà sappiamo benissimo che abbiamo sempre ragione noi…

Un compagno/a con cui il massimo dell’interazione consiste nel prenotare in edicola le ristampe dei DVD di Franco e Ciccio o di Totò…che fanno tanto intellettuale illuminato…

Nel migliore dei casi abbiamo trovato qualcuno talmente insicuro da darci sempre ragione, salvo poi annoiarci mortalmente dopo pochi mesi, anche se la comodità della situazione ci porta a trascinare il rapporto per anni (però sotto-sotto pensiamo di meritare di meglio e siamo sicuri che prima o poi…quel “di meglio” arriverà).

Nel peggiore abbiamo trovato qualcuno che ci ha usato fin quando gli è stato utile e comodo, salvo poi trovare il “vero amore” con cui ha deciso nel giro di tre mesi di andare a vivere assieme e nel giro di sei, di iniziare a fare figli…anzi figlio - visto che viviamo in un paese di figli unici - mentre in tre anni di “fidanzamento”, nonostante le nostre insistenze, non “si sentivano pronti” nemmeno per organizzare assieme una vacanza di più di una settimana...

E disperatamente, fra una delusione e l'altra, cerchiamo la felicità nell'unico modo in cui ci è stato insegnato a cercarla: come se fosse un merce che ci viene recapitata a domicilio, pagabile in 48 piccole rate, più maxi-rata finale.

DEDICHE...

Questo blog è dedicato a tutti coloro che, mentre i loro amici comperano case o stationwagon, al massimo si possono eprmettere di comperare magliette dei Radiohead su ebay.

Questo blog è dedicato ai single (uomini o donne che siano) che si stanno rendendo conto che tutte le cene a casa di amici si stanno trasformando in congressi di puericultura.

A quelli che vorrebbero uscire la sera, ma che conoscono solo persone che, al massimo, si guardano un DVD noleggiato in videoteca.

A chi va a ballare e scopre di essere l’unico in sala a non avere un piercing al naso. O al sopracciglio. O in luoghi meno igienici.

A chi entrando in un locale, capisce di essere il più anziano della sala e che tutti lo guardano pensando che sia un agente della DIGOS mandato a controllare la situazione.

A chi si ha voluto essere single per scelta, ma sta già cambiando idea.

A chi si è trovato single per scelta di altri e non capisce più le regole del gioco.

A chi ha una storia che non è bella e gratificante come un tempo, ma ha troppa paura di quello che l’attende, per decidersi a darci un taglio.

A vorrebbe ma non osa. A chi oserebbe, ma non sa più cosa vuole.

Insomma,questo libro è dedicato al 99% per cento delle persone che conosco, soprattutto agli uomini, ma anche a molte donne, che vorrebbero vivere meglio ma non riescono a capire perché un tempo tutto fosse semplice, mentre ora tutto sembra così complicato.

Il fatto in realtà è questo: non è il mondo ad essere cambiato, ma siamo noi ad essere peggiorati, e spesso, come fosse una malattia venerea, dobbiamo dire grazie di questo a qualcuno che abbiamo amato nel passato e che ci ha reso diffidenti, disincantati, a volte disperati o, ancora peggio, vendicativi e crudeli nei confronti degli altri, anche se non c’entrano nulla, come se tutto ciò ci facesse sentire meglio. Beh…sembra superficiale, ma talvolta funziona!