Le persone nate a cavallo fra gli anni '60 e '70 sono i membri una generazione scellerata: la prima generazione educata più dalla televisione che dai genitori.
Chiedete a qualcuno di questa fascia d’età se si ricorda di DJ Television.
Al 99,9% ammetterà che i suoi gusti musicali si sono formati sulle scelte di Claudio Cecchetto (e di questo Cecchetto, prima o poi dovrà pagarne lo scotto di fronte alla storia), in compenso dubito che si ricordi della canzone preferita dai suoi genitori.
Possiamo fare finta di non saperlo, ma quando eravamo bambini, abbiamo voluto più bene a Capitan Harlock e Candy Candy che non alla maggioranza delle persone “vere” che ci circondava e, in modo più o meno inconscio, continuiamo ad avere una condotta simile anche oggi. Siamo in grado di rinunciare senza troppi rimpianti ad una serata intima con la donna che diciamo di amare per andare a vedere al bar la partita della Juve o, a seconda dei gusti, andiamo fuori di testa se ci fissano un impegno improrogabile proprio la sera della finale di “Amici di Maria De Filippi”....
Nel migliore dei casi facciamo lavori precari che ci soddisfano, ma che non ci danno alcuna certezza per il futuro, altre volte facciamo lavori lontanissimi da quelli che erano i nostri sogni da ragazzi, sentendoci anche fortunati di non essere in mezzo a una strada.
E per compensare spendiamo.
Spendiamo per quello che possiamo, ovviamente, e spesso anche per ciò che non possiamo: chi può si compera l’automobile nuova (48 comode rate di 111 euro e maxirata finale di 9000 euro…) o le scarpe ultima moda o si “regala” una week-end in giro per il mondo; chi può meno, si compera una playstation, ma in entrambi i casi, siamo sempre pronti ad ingozzare il nostro ego di inutili auto-gratificazioni.
Il fatto è questo: molti di noi non si sono mai svincolati del tutto dall’adolescenza e, in un modo o nell’altro, continuiamo a masturbarci.
Solo che abbiamo sostituito (o, più spesso, affiancato) all’autoerotismo, altre forme di gratificazione, altrettanto fini a sé stesse, solo un po’ più costose e un po’ meno umide…
Siamo cresciuti davanti alla televisione, e lei ci ha educati come una madre affettuosa, ma, affettuosa come può esserlo una madre televisiva, che dimostra il suo amore comperando la nutella, facendo colazione con i frollini di marca e fornendo saggi consigli sull'igiene orale. Una madre sempre bionda, bella e sorridente che non sa cosa sia la cellulite o che la combatte con successo, perché è una mamma “che vale”...
Siamo stati convinti, fin da bambini che se non diventiamo delle rockstar o degli attori non contiamo nulla, che se la nostra donna non è una modella, siamo dei falliti. E se siamo donne, se non abbiamo la taglia 40 (al massimo 42) siamo dei cessi.
Perché dobbiamo ammetterlo: siamo una generazione di bastardi, non solo nel senso “morale”, ma soprattutto nel senso letterale del termine. Abbiamo dei genitori ai quali vogliamo bene, ma in realtà la nostra “maestra di vita” è la TV.
E' lei che ci ha mostrato il mondo, ci ha insegnato cosa sono i sentimenti, ci ha fatto mille promesse, pur sapendo che nessuna poteva essere mantenuta, ci ha fatto sentire inadeguati quando i capelli si sono diradati o quando i fianchi si sono ispessiti, per poi darci una risposta facile, sicura ed alla portata delle nostre tasche.
E poco male se per comperare le alghe di Vanna Marchi ed i parrucchini di Cesare Ragazzi ci siamo indebitati fino al 2009.
Poi la televisione ha detto che avevamo capito male, che avevamo frainteso… E’ arrivata la moda della New Age…dell’AMA TE STESSO, del canto delle balene, dello yoga e del massaggio Shatsu…il tutto, ovviamente, pubblicizzato, commercializzato, pre-digerito e pagabile in 12 comode rate con interessi zero.
Fatti il tuo personale giardino zen...con la prima uscita la paletta ed il sacchetto con il terriccio benedetto da Padre Pio...
E noi le crediamo, perché, abbiamo genitori che hanno speso la maggior parte del tempo che avrebbero dovuto dedicarci, in compagnia di avvocati per redigere atti di separazione, genitori che quando erano ragazzi predicavano l’amore libero ed usavano l’LSD, ma che volevano mandarci da uno psicoterapeuta quando ci hanno trovato in tasca mezzo grammo di cannabis, che ci hanno detto:”non vorrei che tu facessi i miei stessi errori” salvo poi a 50 anni scappare con la segretaria, lasciandoci con madri depresse e ossessionate dalla cellulite e dal fatto di invecchiare....
Siamo un generazione di boccaloni, di minchioni, fagocitata da un sistema economico-sociale-comunicativo che ci convince che se non abbiamo l’impianto super-dolby-digital-surround siamo degli sfigati, che ci fa credere che ognuno di noi sia speciale ed unico, sempre che si possieda il taglio di capelli “giusto” o “il gioiellino” in acciaio della Breil, che ammette, anzi è contentissimo se ci ribelliamo a queste mode: tanto anche la contestazione rientra sempre in un target codificato; anzi, più è delimitato il target a cui apparteniamo, più è semplice indirizzarci messaggi efficaci.
E per queste ragioni, proprio la Mondadori pubblica i libri di Michael Moore e nei suoi megastore vende quelli di Naomi Klein, la Sony e le tutte le maggiori corporation del pianeta compensano i mancati profitti dovuti alla condivisione dei file su internet, con un aumento di profitti dovuto alle loro partecipazioni alle aziende di telecomunicazioni che vendono connessioni ultra-veloci e producendo i supporti per duplicare la musica o i film “illegalmente” ottenuti.
Noi non pensiamo più come esseri umani, ma come consumatori e facciamo fatica a vedere ciò che ci circonda con uno sguardo diverso dall’assioma “lo voglio-lo compero”.
Quando conosciamo delle ragazze le squadriamo da capo a piedi per vedere se hanno le tette abbastanza grosse o il culo abbastanza piccolo, discorriamo amabilmente con loro per capire se sono simpatiche spiritose, divertenti, se sono abbastanza “intelligenti” per piacerci, o (a seconda del carattere) se sono abbastanza stupide da non essere una minaccia per il nostro ego…
Insomma, cerchiamo di valutare se sono il “nostro target” o se noi siamo il loro (e poco male se usiamo l’eufemismo “il mio tipo” perché nella sostanza nulla cambia).
E se siamo donne, ammettiamolo, ci comportiamo allo stesso modo, solo, talvolta, con un pizzico di inconsapevolezza in più.
Ed esattamente come fossimo una merce, siamo disposti a qualunque compromesso il nostro portafogli ci possa irragionevolmente permettere per sperare di sembrare più giovani, belli e sexy. Macchine sportive, chirurgia plastica, reggiseni imbottiti o lenti a contatto colorate.. La scelta è vasta, per tutti i gusti e tute le tasche, nessuno resterà scontento, nessuno resterà infelice...
Siamo una generazione di figli unici (o, al massimo, con un fratello/sorella), viziati, coccolati e destabilizzati.
E quando abbiamo trovato un compagno/a chi abbiamo trovato?
Un altro figlio/a unico viziato coccolato e destabilizzato, che vuole avere sempre ragione, anche quando in realtà sappiamo benissimo che abbiamo sempre ragione noi…
Un compagno/a con cui il massimo dell’interazione consiste nel prenotare in edicola le ristampe dei DVD di Franco e Ciccio o di Totò…che fanno tanto intellettuale illuminato…
Nel migliore dei casi abbiamo trovato qualcuno talmente insicuro da darci sempre ragione, salvo poi annoiarci mortalmente dopo pochi mesi, anche se la comodità della situazione ci porta a trascinare il rapporto per anni (però sotto-sotto pensiamo di meritare di meglio e siamo sicuri che prima o poi…quel “di meglio” arriverà).
Nel peggiore abbiamo trovato qualcuno che ci ha usato fin quando gli è stato utile e comodo, salvo poi trovare il “vero amore” con cui ha deciso nel giro di tre mesi di andare a vivere assieme e nel giro di sei, di iniziare a fare figli…anzi figlio - visto che viviamo in un paese di figli unici - mentre in tre anni di “fidanzamento”, nonostante le nostre insistenze, non “si sentivano pronti” nemmeno per organizzare assieme una vacanza di più di una settimana...
E disperatamente, fra una delusione e l'altra, cerchiamo la felicità nell'unico modo in cui ci è stato insegnato a cercarla: come se fosse un merce che ci viene recapitata a domicilio, pagabile in 48 piccole rate, più maxi-rata finale.
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