12 ottobre 2007

due parole, si fa per dire, su Radiohead e la musica su internet (1° parte)

Due parole (si fa per dire) sui Radiohead e la musica su internet
Il mondo del music-business è sconvolto in questi giorni dalla scelta dei Radiohead di distribuire il loro nuovo album tramite internet ad offerta libera.
In poche parole, per i pochi che non lo sapessero, collegandosi al loro sito (http://www.radiohead.com) muniti di carta di credito, si può acquistare il nuovo album inserendo una cifra a piacere. Anche zero. In questo modo si ottiene un codice di identificazione che permette di scaricare sul proprio computer il nuovo album. Io ho pagato 3 euro, più o meno quello che sarebbe andato in tasca loro una volta scalate le varie spese ed i ricarichi della distribuzione, case discografiche e negozianti.
Questo modello di business è sicuramente interessante e, in un certo senso, adeguato ai tempi: da qualche anno la disponibilità di musica nelle reti di scambio dei file è praticamente infinita, né sembrano aver sortito effetti concreti né le campagne di sensibilizzazione, né, tanto meno, le azioni repressive patrocinate da lobby discografiche e governi accondiscendenti. Non più tardi di qualche settimana fa una normale madre di famiglia ha ricevuto l'ingiunzione di pagamento di 250.000 dollari da una corte americana perché il figlio minorenne aveva condiviso qualche centinaio di canzoni. Colpirne uno per educarne cento. Però uno degli insegnamenti del diritto è che, se qualcosa non viene percepito come un crimine, prima o poi non sarà più un crimine. Ed è inutile arroccarsi su leggi sempre più severe e, talvolta, insensate: è solo questione di tempo e queste leggi dovranno cambiare.
La decisione dei Radiohead è stata il superamento di un tabù. E' stato fissato un nuovo paletto al business discografico. Ha senso chiedere 20-22 euro per un CD quando l'alternativa è quella di scaricarselo gratuitamente? Probabilmente no. E questo, semplicemente, per una legge di mercato. Qual'è, allora, il prezzo “giusto” per vendere un disco? In altre parole, le persone che scaricano gratuitamente file musicali su Internet, quale ritengono che sarebbe un prezzo accettabile per ottenere, legalmente, lo stesso materiale? E soprattutto, a quanto ritengono debba ammontare un equo compenso per il creatore di questa musica?
Il sito di Apple iTunes offre file musicali di mediocre qualità, con una serie di limitazioni per ciò che riguarda duplicazione dei file, al “modico” prezzo di 0.99 centesimi a brano o, in alternativa, 9.99 dollari ad album. Ho sempre invidiato 2 cose a Steve Jobs, fondatore e presidente di Apple, la prima è il conto in banca, la seconda è il fatto di riuscire a vendere a caro prezzo qualunque genere di porcheria, facendosi inoltre idolatrare dai suoi fans come se fosse un benefattore. Tanto di cappello.
Però questo genere di business, per quanto possa avere un successo momentaneo, mostra la corda: il prezzo è stato fissato per risultare apparentemente competitivo, ma non tanto da mettere totalmente fuorigioco le vendite dei CD. Negli USA un CD appena uscito costa circa 15 $, spesso anche meno, quindi può risultare più logico (e appagante) acquistare l'album nella sua forma classica. Oppure, e questo accade sempre più spesso, scaricarselo gratuitamente in un formato ad altissima qualità, tramite un programma di filesharing. Steve Jobs ha “venduto” iTunes alle case discografiche come una piattaforma in grado di risolvere i loro problemi, ottenendo delle royalties particolarmente vantaggiose sui file acquistati. Se io fossi il boss di una casa discografica, denuncerei Steve Jobs per circonvenzione di incapace.
Se accettiamo la tesi che “di fatto” tutta la msucia del mondo è disponibile gratuitamente, prima di fissare un rpezzo, qualuqneu esso sia, dobbiamo chiederci quanto gli acquirenti di musica siano disposti a pagare per fruire di questo servizio, quanto, insomma, accetti di offrire “di loro spontanea volontà” per ottenere qualcosa, che, in realtà, possono ottenere gratuitamente. E' un discorso crudo da accettare per compagnie che per decenni hanno goduto di una posizione invidiabile e di introiti enormi sfruttando la particolare situazione del mercato musicale. Non dimentichiamoci che gli LP erano un supporto fragile ed oggetto ad usura e che, chi era davvero appassionato, riacquistava lo stesso LP più volte negli anni, quando la sua copia iniziava ad essere troppo rovinata. Particolare da non sottovalutare, è lo stato di semi-monopolio in cui ha operato il settore discografico: stato di monopolio molto particolare, legato non tanto (o non solo) ad accordi più o meno segreti per mantenere molto alto il prezzo dei dischi, quanto soprattutto al problema del particolare stato della concorrenza in questo settore. In economia, per fare un esempio, se il prezzo di un rpodotto diventa troppo alto, queto viene acquistato sempre meno e sostituito, fin quanto possibile, da prodotti alternativi che forniscano lo stesso servizio. Se il petrolio diventa troppo caro, il mercato si orienta sul gas naturale o il carbone. E così via. Nel campo della musica questo non accadeva: se esce il nuovo album degli U2 e voglio ascoltarlo e possederlo, devo pagare il prezzo fissato. Non 2scatta” il pensiero di acquistare l'album di un altro gruppo, in quanto più economico. Se voglio gli U2, voglio gli U2, non i Simple Minds...Questo permetteva di fissare dei prezzi particolarmente alti per i prodotti più ricercati, sapendo che i veri fans avrebbero sborsato (praticamente) qualunque cifra pur di acquistarlo.
Adesso le cose sono cambiate: se voglio gli U2 e ritengo che i 22 euro necessari all'acquisto siano troppi, me lo posso procurare, illegalmente, gratis.
Quello che le case discografiche non hanno mai messo in conto è che, chi scarica la musica di un determinato artista è, in primo luogo, una persona interessata a quella musica. Ne è fan o, proprio grazie all'ascolto, potrebbe diventarlo. Ma essere fan non significa automaticamente, essere un coglione. E proprio questo semplice ragionamento è invece il punto di partenza dell'operazione dei Radiohead.
(continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Well written article.